La perfezione non è essere perfetti

di U2COACH

In un mondo che spesso premia l’eccellenza, il perfezionismo sembra essere una virtù. Ma è davvero così? La ricerca della perfezione, più che un traguardo, rischia di diventare un ostacolo, per le persone e per le organizzazioni. L’imperfezione e il fallimento invece, possono rappresentare il punto di partenza per un autentico progresso.

Perfezione o eccellenza?

Mentre la perfezione esige risultati impeccabili, l’eccellenza valorizza il progresso e la crescita continua, accettando l’imperfezione e il fallimento come parte integrante del cammino. Il perfezionismo, ad esempio, può ostacolare il successo di un team. Un manager eccessivamente puntiglioso, rischia di rallentare i progetti e demotivare i collaboratori, mentre chi punta all’eccellenza incentiva la sperimentazione e il problem solving. La differenza tra i due concetti è profonda: chi insegue la perfezione tende a focalizzarsi sui dettagli, spesso a scapito del quadro generale. L’eccellenza, invece, si concentra sull’insieme, promuovendo un approccio più flessibile e creativo.

Fallire in fretta, fallire bene

Molte aziende di successo adottano la filosofia del “fail fast“: sbagliare velocemente per imparare e migliorare. Invece di temere il fallimento, lo considerano un’opportunità di crescita. Sperimentare nuove idee, valutare i risultati e, se necessario, ricominciare, è il cuore di questo approccio. Anche soluzioni imperfette possono evolvere in innovazioni straordinarie grazie alla sperimentazione e al lavoro di squadra.

Google ad esempio, ha integrato il “fast fail” nella sua cultura aziendale. Progetti sperimentali come Google Maps sono diventati grandi successi, mentre altri, come Google+, sono stati abbandonati rapidamente. La chiave è accogliere il feedback, trasformando gli errori in “progetti” per migliorare prodotti e servizi.

Sii perfetto!

L’Analisi Transazionale, teoria psicologica sviluppata da Eric Berne negli anni cinquanta, ci rivela un sorprendente paradosso: la ricerca della perfezione, guidata dai nostri driver interiori, può in realtà impedirci di raggiungere l’eccellenza. Questi driver, messaggi interiorizzati fin dall’infanzia, modellano il comportamento umano, influenzando inconsciamente il nostro modo di agire per ottenere approvazione o sentirci adeguati.

Il driver psicologico “Sii Perfetto” spinge le persone a evitare errori ad ogni costo, imponendo standard irraggiungibili. Un messaggio che nasconde la convinzione che solo la perfezione garantisca amore e approvazione.

Il risultato? Procrastinazione, paralisi e insicurezza. Chi è dominato da questo driver fatica a completare progetti per paura di fallire o di non essere all’altezza e si concentra esclusivamente sui difetti, ignorando i traguardi raggiunti. La creatività ne soffre, poiché il timore dell’imperfezione frena l’innovazione.

Gestire il perfezionismo: strategie pratiche

Abbracciare l’eccellenza significa invece accettare gli errori come parte del percorso. È fare del proprio meglio con le risorse disponibili, senza inseguire un’idea irrealistica di perfezione. In questo equilibrio tra ambizione e accettazione, si trova la chiave per un successo più autentico e sostenibile.

Per gestire il perfezionismo in modo sano, è fondamentale adottare alcune strategie pratiche. Si inizia con l’impostare obiettivi realistici, suddividendo i grandi progetti in passi più piccoli e raggiungibili. Questo aiuta a ridurre l’ansia e ad evitare la paralisi da perfezione. Celebra ogni piccolo progresso lungo il cammino, riconoscendo i successi parziali come parte del processo di crescita. Impara anche a delegare: lascia che gli altri contribuiscano, senza sentirti obbligato a controllare ogni dettaglio. Questo favorisce la collaborazione e ti aiuta a mantenere una visione equilibrata.

La perfezione non è essere perfetti, ma tendere continuamente ad essa.
Johann Gottlieb Fichte

 

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