Da bambini il silenzio era un gioco: una sfida di sguardi e risate. Oggi lo evitiamo, lo confondiamo con disagio o mancanza di interesse. Eppure, proprio in quei momenti di silenzio condiviso, imparavamo la potenza comunicativa del non detto, la forza di un linguaggio fatto di attenzione e presenza. Riscoprire il silenzio come guida del nostro modo di comunicare, pensare, apprendere, ci aiuta a connetterci con noi stessi e con gli altri. Nel silenzio consapevole, ci apriamo a una nuova dimensione di ascolto e comprensione, dove l’intuizione si fa strada e la saggezza interiore può finalmente esprimersi.
Quando il silenzio è intenzionale
Daniel Goleman, nel libro “Intelligenza Emotiva“, sottolinea l’importanza del silenzio come strumento per costruire connessioni autentiche e significative. Nel coaching, questa intuizione trova piena applicazione.
Per il coach, il silenzio diventa un potente mezzo per creare un clima di fiducia e intimità con il coachee. È la capacità di mettere da parte pensieri, giudizi e aspettative per creare uno spazio di accoglienza incondizionata. Se come coach stai facilitando una sessione con un cliente, prova a fermarti dopo aver posto una domanda potente, e lascia al coachee il tempo di elaborare la risposta, di riflettere in profondità. Il ritmo della conversazione rallenta, le parole stesse acquistano un peso e un significato diverso. Il silenzio diventa una pausa che accompagna il flusso di pensieri e sostiene il processo di esplorazione e auto-scoperta.
Per il coachee, il silenzio è un’opportunità per entrare in contatto con il proprio mondo interiore senza distrazioni. È nel silenzio che può far emergere i pensieri che lo bloccano, le convinzioni che gli impediscono di raggiungere gli obiettivi. Quando la mente si acquieta, la creatività si risveglia. Nel silenzio, possono emergere idee innovative, soluzioni inaspettate a problemi che sembravano irrisolvibili. Ci si può osservare con maggiore lucidità per comprendere i propri schemi mentali, le proprie reazioni o i comportamenti poco funzionali.
L’International Coaching Federation (ICF), nell’aggiornamento delle Core Competencies, ha sottolineato l’importanza del silenzio come strumento chiave per una pratica efficace. Il silenzio è esplicitamente menzionato in due competenze fondamentali:
→ Mantenere la presenza (competenza 5): il coach deve essere presente attivamente durante la sessione, e saper “creare spazio per il silenzio, la pausa o la riflessione.”
→ Evocare consapevolezza (competenza 7): Il coach facilita le intuizioni e l’apprendimento del cliente utilizzando strumenti e tecniche quali le “domande potenti, silenzio, metafore o analogie.”
Il silenzio diventa allora un dialogo non verbale tra coach e coachee, un linguaggio fatto di presenza, empatia, rispetto. È in questo spazio fertile che il cambiamento può avvenire, che il potenziale può esprimersi.
Integrare il silenzio nella nostra comunicazione non è un’abilità innata, ma una pratica consapevole. Ad esempio, prova a sperimentare la pausa dei 10 secondi: durante una conversazione, pratica una pausa consapevole di 10 secondi prima di rispondere. Invece di intervenire subito con parole o consigli, fermati. Nota come cambia il tono della discussione e come il tuo interlocutore si sente più ascoltato. Che si tratti di una sessione di coaching o di una conversazione quotidiana, il silenzio è il dono che possiamo fare a noi stessi e agli altri per creare connessioni che siano davvero profonde e trasformative.
“In un atteggiamento di silenzio l’anima trova il percorso in una luce più chiara, e ciò che è sfuggente e ingannevole si risolve in un cristallo di chiarezza.” Gandhi
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