Il mio 6 può essere il tuo 9: pensare diverso per migliorarsi

di Valentina Carosi

La vita di tutti i giorni è sempre una fonte inesauribile di idee e suggerimenti… basta saperli cogliere: una vignetta pubblicata sulla mia pagina FB, un obiettivo di coaching trattato in sessione, una chiacchierata con un collega di lavoro mi hanno portato a scrivere in merito alle POSIZIONI PERCETTIVE, cioè come sia possibile “mettersi nei panni dell’altro” con l’obiettivo di guardare lo stesso argomento da diverse prospettive, altrui alla nostra.

E’ sicuramente difficile per l’essere umano, soprattutto sotto “effetto emotivo”, entrare nella prospettiva altrui e cercare di guardare con occhi che non vedono con i suoi stessi occhi, di sentire con orecchie che probabilmente recepiscono i suoni in un modo diverso, di accogliere ed eventualmente accettare un diverso pensiero o punto di vista. Spesso tendiamo a pensare che il nostro punto di vista sia unico ed indissolubile e che quello degli altri sia da “convertire”.

Poi abbandonati i panni da Dio sceso in terra a proclamare il verbo, ci rendiamo conto che il pensiero che l’altro stava tentando di comunicare, diversamente dal nostro,  tutto sommato  non era del tutto sbagliato e addirittura a tratti più interessante, e ci fermiamo a pensare che avremmo potuto guardare con altri occhi, a sentire con altre orecchie, ed accogliere piuttosto che allontanare o rifiutare.

Lo psiscologo Carl Rogers nel 1952 diceva che “la tendenza a giudicare gli altri è la più grande barriera, alla comunicazione e alla comprensione”. Ogni persona costruisce la propria prospettiva e punto di vista in base al proprio vissuto e background, mettersi nei panni dell’altro può diventare fonte di arricchimento personale e migliorare fortemente relazioni  apparentemente difficili o instabili.

 

E se iniziassimo a pensare e quindi parlare con il punto di vista del nostro interlocutore, liberandoci la proprio pensiero dominante? 

Se invece di parlare osservassimo la situazione come un osservatore esterno, un giudice imparziale che ascolta e osserva quanto sta accadendo tra i soggetti che interagiscono?

E ancora, se osservassi il fenomeno come parte integrante di un sistema che si sviluppa in un determinato contesto, all’interno di determinate regole, come parte integrante di un “noi”?

Mettersi nella condizione di sperimentare ciò che abitualmente non sperimentiamo consente di accedere a nuove informazioni, possibili soluzioni e aspetti che se rimanessimo nella posizione percettiva preferita, non sarebbero disponibili.

Buona sperimentazione!

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